Il „sapere diplomatico“ alla prova : Mantova e Venezia fra ascesa degli Asburgo e negoziati di Utrecht (1691–1713)

La guerra di successione spagnola e la pace del 1713 costituiscono uno spartiacque importante delle vicende italiane: l’insediamento degli Asburgo a Milano e a Napoli; l’ascesa dei Savoia; la crisi dei piccoli principati di origine rinascimentale; il prevalere di ragioni economiche e commerciali nelle relazioni diplomatiche. Questi in sintesi gli eventi centrali di una fase ad alta densità diplomatica in cui i ceti dirigenti italiani si misurano sia con l’affermazione della casata asburgica che con nuove forme di legittimazione dell’egemonia delle potenze europee. A fronte dell’importanza del periodo, sono pochi gli studi sugli ambasciatori italiani di questi anni, sulla loro formazione culturale e sulla loro azione diplomatica. Partendo da alcuni documenti della pratica diplomatica il saggio cerca di delineare alcune piste di ricerca sulla formazione e l’utilizzo del sapere diplomatico. Il primo è un’istruzione mantovana per la Corte cesarea (1691), un documento che rivela quanto la cultura politica dei ducati padani fosse condizionata dai legami con l’Impero, ma che mostra anche una rielaborazione e un utilizzo degli scritti sul „buon ambasciatore“ elaborati lungo il Seicento. Altre fonti per decifrare la cultura diplomatica dell’epoca sono i dispacci dei due rappresentanti di Venezia a Utrecht, Sebastiano Foscarini e Carlo Ruzzini, documenti che consentono anche di interrogarsi sul valore che il congresso di Utrecht ebbe, per stati minori e „neutrali“ come la Repubblica veneziana, come momento di rielaborazione della propria visione politica dell’Europa e come occasione e di aggiornamento dello stesso linguaggio diplomatico.

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